Partiamo dalle parole per dare consistenza alle azioni.
È questo il messaggio che la Fillea Cgil ha lanciato ieri dalla sede di Libera contro le mafie a Roma.
Operaicidio è un neologismo ed è il termine che la Fillea Cgil ha scelto di adottare come monito, denuncia, richiamo alla coscienza e alla responsabilità collettiva.
Perché i numeri spesso sono un alibi ipocrita: 3 morti al giorno, 1 infortunio al minuto, numeri che possono creare assuefazione.
A partire dalla proiezione del docu-film “Articolo 1” di Luca Bianchini, prodotto da Alveare Cinema in collaborazione con Rai Documentari e dalla presentazione del libro “Operaicidio” con gli autori Bruno Giordano e Marco Patucchi, si è potuto riflettere sulle storie delle vittime, dei familiari delle vittime perché è necessario fare autocritica e proposte.
Proposte che considerano l'istituzione di una Procura nazionale del lavoro, di un albo nazionale dei periti, il riconoscimento anche economico degli ispettori, il gratuito patrocinio per i familiari delle vittime.
Gli interventi dei familiari delle vittime del lavoro, Chiara Raneri, Monica Garofalo, Sara, Silvana e Gabriele Malaj, Giuseppe Cucè e il dibattito che ha visto partecipare le onorevoli, Chiara Gribaudo (Pd) e Vittoria Baldino (M5S), e il senatore Tino Magni (Avs) insieme ad Antonio Di Franco, segretario generale Fillea Cgil, e Francesca Re David, segretaria confederale Cgil, ci ricordano che siamo all'interno di un mercato del lavoro che pensa sempre più a ridurre, ad accelerare, e in una corsa affannosa al profitto non ci si sofferma abbastanza sul valore del tempo e delle persone.
Non ci si sofferma abbastanza sul bisogno enorme, smisurato che ha questo Paese di giustizia sociale e sostanziale.