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  • Dalla Due Mari alla MedioEtruria: senza intesa tra Regioni si rischia un nulla di fatto
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Dalla Due Mari alla MedioEtruria: senza intesa tra Regioni si rischia un nulla di fatto

20 febbraio 2024
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Ammettiamo pure che la notizia della consegna dei lavori di completamento della galleria della Guinza lungo la strada di grande comunicazione E78  Grosseto-Fano dei Due Mari,  a cavallo tra Umbria e Marche,  che sta occupando in questi giorni la stampa locale a titoli cubitali, possa essere annoverata tra le buone notizie: non si può infatti negare che l’iniziativa del Governo e di Anas di avviare al completamento una delle grandi opere incompiute del Paese sia meritevole di apprezzamento.

Ammettiamolo pure ma, al tempo stesso, ripercorrendo le lunghe e travagliate vicissitudini che hanno caratterizzato  la storia di questo fondamentale itinerario stradale che aveva l’ambizione di collegare trasversalmente il Tirreno e l’Adriatico, il pessimismo della ragione rischia di prendere il posto dell’ottimismo della volontà. 
È bene ricordare, infatti, che ciò che lo Stato oggi sembra intenzionato finalmente a realizzare, rappresenta in verità una porzione assai limitata di un asse viario che, nel corso degli anni, è stato quasi completato sul versante toscano ma largamente incompiuto in quello umbro e marchigiano. Il sito ufficiale di Anas riporta una eloquente cartografia che  illustra il lavoro che Anas stessa sta portando avanti con notevole impegno, anche a seguito della nomina da parte del Governo Draghi dell’ingegner Massimo Simonini a commissario straordinario; ma che, una volta completato il tunnel  della Guinza  in base ai finanziamenti disponibili (130 milioni di euro circa) e nelle more della realizzazione della seconda canna  per la quale, per il momento,  è stata avviata la progettazione, è purtroppo previsto il solo esercizio di quella esistente in regime monodirezionale (dalle Marche verso l’Umbria)  e con limitazioni delle condizioni di flusso veicolare (al numero e tipologia di veicoli), lasciando sulla viabilità€ locale il traffico nella direzione dall’Umbria verso le Marche.


Per intenderci, un cittadino dell’Alto Tevere che decidesse di trascorrere una tranquilla domenica al sole dell’Adriatico, continuerebbe a transitare per il valico di Bocca Serriola (o per quello di Bocca Trabaria) per poi percorrere la galleria a senso unico della Guinza ritornando a casa. In occasione della consegna dei lavori, il commissario Simonini ha infatti chiarito che per realizzare i tratti mancanti  si rendono ancora necessari undici interventi per un’estensione complessiva di circa 104 chilometri del valore, a costi attuali,  di circa 3,9 miliardi. La dimensione dell’investimento richiesto per il completamento dell’intero asse, non lascia pertanto spazio a eccessivo ottimismo considerati i tempi difficili per la finanza pubblica che, purtroppo,  sembrano prospettarsi.  Tuttavia, relativamente alla E78, non è proprio il caso di alimentare  polemiche perché, la situazione descritta,  è la diretta conseguenza delle scelte – o meglio delle mancate scelte – che, negli anni, hanno dilatato a dismisura tempi, costi e decisioni sulla definizione del tracciato, conducendo allo stato di fatto di un opera tristemente incompiuta alla quale oggi si tenta in qualche modo di porre rimedio. 


Di questo asse stradale, a quanto si conosce,  si cominciò infatti a ragionare intorno agli anni ’60 su impulso di Amintore Fanfani; negli anni successivi,  la strada assunse anche il rango di itinerario europeo di grande comunicazione: il suo  tracciato, come è noto, ha origine sulla via Aurelia all’altezza di Grosseto e trova conclusione sull’autostrada Adriatica A14, in corrispondenza del casello di Fano nelle Marche.

Ricordo che, nei primi anni ’80,  quando  ero in servizio come architetto nel  Comune di Sangiustino, il traforo della Guinza era già in fase di esecuzione ma,  di lì a poco,  iniziò un  lungo ed estenuante braccio di ferro tra Umbria e Toscana sulla scelta del tracciato dell’intero asse praticamente ancora tutto da realizzare. Furono infatti elaborate diverse  soluzioni alternative lungo le valli dei torrenti Sovara e Cerfone. Anche in ambito locale e regionale, la decisione su dove passare per raggiungere la galleria  della Guinza fu oltremodo contrastata alternandosi, tra le altre,  ipotesi di tracciato che interessavano le valli del Lama e del Regnano. Parimenti, analoghe “oscillazioni” sulla scelta del tracciato e aspri conflitti avevano afflitto anche il versante marchigiano. Quantomeno singolari furono alcune delle argomentazioni avanzate dagli oppositori alla realizzazione dell’asse stradale chiamando impropriamente  in causa l’opera di uno dei massimi pittori del Rinascimento  per via del fatto che l’opera avrebbe irrimediabilmente deturpato  il paesaggio ritratto nel celebre dittico degli Uffizi (vedasi ad esempio «E78: Paving the Balconies of Piero della Francesca»). In tempi più recenti, fu anche prospettata l’ipotesi – non andata a buon fine – di realizzare l’intera E78 come strada a pedaggio per mezzo del  partenariato pubblico privato con la formula del contratto di disponibilità;  e infatti fu appositamente costituita una società di progetto denominata Centralia tra Regioni e Anas sul modello di quella già sperimentata con successo – ma interamente finanziata dalla mano pubblica – con il Quadrilatero Umbria-Marche. 


Ma nel frattempo, dopo il sisma del 1997,  alcune decine di chilometri più a sud,  accadde che lo Stato e le Regioni Umbria e Marche riuscirono nell’intento di accordarsi sulla comune volontà di giungere rapidamente al completamento di altre  due trasversali incompiute: la Perugia-Ancona e la Foligno-Civitanova.  Il Progetto Quadrilatero –  uno dei pochissimi andati a buon fine della assai discussa Legge Obiettivo del Governo Berlusconi –  è stato realizzato in tempi insolitamente veloci, se confrontato con opere similari,  anche grazie alla determinazione di esponenti politici del valore del viceinistro Baldassarri e dei presidenti delle Regioni Lorenzetti e D’Ambrosio; i quali, anche grazie alle generose provvidenze stanziate a seguito dell’evento sismico,  colsero al volo l’opportunità di portare a compimento le opere incompiute. 

Infine, per completare il quadro, in tempi più recenti  sono stati nel frattempo realizzati o sono in fase di avanzata definizione altri segmenti di viabilità  che concorrono ad avvicinare Tirreno e Adriatico: cito a memoria, tra gli altri, la strada statale 685 delle Tre Valli Umbre con la progettazione dell’ultimo tratto tra Fiorenzuola e Acquasparta e il miglioramento di alcune tratte esistenti, il collegamento della trasversale tra Monteromano e Tarquinia che prosegue l’itinerario della strada europea E45 verso il Tirreno, l’imponente piano di riqualificazione per un investimento complessivo di 1,6 miliardi di euro voluto dal ministro Delrio  – di cui oltre 1 miliardo destinato alla E45 – sull’itinerario E45-E55 Orte-Mestre sul versante adriatico; oltre a altre opere di minore importanza. 


Oggi possiamo pertanto affermare  che la condizione  di  isolamento stradale dell’Umbria è in buona parte superata  con il completamento di alcune opere realizzate nel corso degli ultimi anni. Purtroppo, tra queste, non è compresa la strada di grande comunicazione E78  Grosseto-Fano la quale, considerata l’entità degli investimenti ancora necessari alla realizzazione delle tratte funzionali al collegamento del versante adriatico che interessano Umbria, Toscana e Marche, dovrà prevedibilmente attendere svariati decenni per vedere finalmente realizzati i segmenti mancanti. È peraltro del tutto evidente che oggi, a differenza di qualche decennio fa, dopo il completamento di almeno altre tre trasversali, l’itinerario europeo E78 assume decisamente una minore importanza di quanta ne avesse al tempo in cui fu concepita.  Sperando che  queste mie pessimistiche  previsioni vengano smentite dai fatti, dobbiamo pertanto  ammettere che beccarsi per decenni come i polli di Renzo per scelta del tracciato ottimale, come accaduto tra le istituzioni spalleggiate dalle stesse  espressioni della cosiddetta società civile dell’Umbria, delle Marche e della Toscana – invece di fare fronte comune per una buona causa –  non fu un’idea particolarmente felice. 

Ma, ricordando un celebre ammonimento del grande filosofo tedesco e confidando sulla divina provvidenza  affinché  gli esiti non replichino quelli della triste vicenda della  E78,   la storia sembra purtroppo riproporsi due volte per via dell’aspro conflitto che si è aperto sulla stazione dell’Alta velocità Medio Etruria. Non è il caso di affrontare in questa sede le ragioni e i torti di ognuno degli  agguerriti schieramenti  che si contendono, a colpi di comunicati stampa, la futura localizzazione sulla scorta delle contestate risultanze dello studio elaborato da Rfi; personalmente, ho maturato convinzioni abbastanza precise al riguardo avendo fatto parte del precedente tavolo tecnico che, nel 2015, elaborò il primo studio di fattibilità.

Soluzioni diverse per accedere alla rete AV o per sperare di avere altri Frecciarossa sotto casa (in particolare nelle lunghe  percorrenze in direzione nord),  considerato il pressoché totale esaurimento della capacità della rete AV dove si assiste quasi ogni giorno a un inesorabile processo di espulsione dei treni regionali veloci e degli Intercity dirottati sulle linee storiche, anche a causa dell’aumento progressivo della domanda di servizi AV – come ben sanno  quanti si occupano professionalmente di ferrovie –  sono altamente improbabili  perché difficilmente praticabili  e per evidenti ragioni connesse alla caratterizzazione a mercato degli stessi.  E allora, se le istituzioni di Umbria e Toscana non raggiungono  concordemente un’intesa dove ciascuna parte rinuncia a qualcosa in cambio di un maggiore o minore beneficio per  tutti (come si dice in un ottica win-win),   ho la chiara e netta sensazione  che  la stazione AV non si farà mai replicando, per la seconda volta,  ciò che,  in occasione della sterile disputa sul tracciato, non consentì il completamento di un asse stradale di grande importanza come la E78 quando, probabilmente, le condizioni politiche e finanziarie del Paese lo avrebbero reso possibile. 

di Diego Zurli

 

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