La riforma della disabilità, D.Lgs. 62/2024, è stata introdotta con la legge quadro n. 227/2021 e sta ridefinendo in modo organico come vengono valutati i diritti e la condizione di disabilità.
Tra le principali innovazioni introdotte dalla riforma, si evidenzia una definizione del caso specifico, della valutazione di base e dell’accomodamento ragionevole, anche in ambito lavorativo. La riforma prevede, inoltre, una valutazione multidimensionale volta all’elaborazione e all’attuazione di un progetto di vita individuale, personalizzato e partecipato. Quest’ultimo costituisce il perno del nuovo impianto normativo: finalizzato alla costruzione di percorsi condivisi che accompagnino la persona nel raggiungimento dei propri obiettivi. Per garantire efficacia, il processo deve abbracciare un approccio bio-psico-sociale e riconoscere il progetto di vita come un diritto soggettivo e inviolabile.
A sei mesi, abbondantemente conclusi, dall’avvio della sperimentazione che coinvolge solo nove province, Brescia, Catanzaro, Firenze, Forlì-Cesena, Frosinone, Perugia, Salerno, Sassari e Trieste, e che per volere del Governo sarà resa operativa solo a partire dal primo gennaio 2027, il bilancio approssimativo che emerge è fatto di ombre persistenti e qualche sporadica schiarita di potenziale incoraggiamento.
È ormai trascorso un tempo sufficiente per affermare che lo Stato ha avviato una sperimentazione sulla pelle delle categorie più deboli: anziani, minori e disabili. È altrettanto evidente che i cittadini, da una parte, e l'INPS territoriale, dall'altra, sono stati le vittime designate di una decisione calata dall'alto, volta a testare una riforma ancora in fase di "formazione" e con un quadro normativo in evoluzione.
Di fatto, si sta cercando di concretizzare un nuovo approccio alla disabilità e alla non autosufficienza, un tema molto delicato affrontato con un quadro normativo incerto, senza linee guida chiare e definitive, e con procedure online altrettanto precarie.
L'unica certezza è la perdita di capillarità territoriale: venendo alla dimensione regionale, l'accentramento delle commissioni mediche presso le due sedi INPS di Perugia e Città di Castello , rispetto alle circa 34 nella provincia di Perugia nel 2024, rappresenta un grave arretramento rispetto al sistema precedente. Il passaggio dalle sedi ASL, capillarmente diffuse sul territorio e quindi più accessibili per gli utenti, a solo due sedi INPS , per alcuni cittadini distanti più di un'ora d'auto, per gestire circa 1400 richieste di accertamento sanitario al mese è molto preoccupante.
Dai primi dati emergono due elementi: un calo del 30% circa delle domande rispetto al 2024, il che significa che meno persone esercitano il diritto di essere sottoposte ad accertamento medico legale, mentre è ancora presto per avere un dato chiaro rispetto alla percentuale dei riconoscimenti. L'aumento o meno del contenzioso legale sarà il vero termometro della situazione.
Un altro elemento negativo è l'aumento dei costi che il disabile deve obbligatoriamente sostenere per la compilazione e l'invio telematico del certificato introduttivo, oggi più che raddoppiato rispetto al 2024, e per il raggiungimento dell'ambulatorio (auto, taxi, ambulanza ecc.) dove sarà sottoposto ad accertamento medico legale.
D'altro canto, questa sperimentazione ha valorizzato il ruolo del patronato nel supportare i cittadini, ma soprattutto nell'interloquire e collaborare con i livelli locali dell'Istituto.
Il 72,54% delle domande risultano integrate con i dati socio sanitari, determinanti per la liquidazione delle prestazioni economiche, di cui 85% risultano presentati tramite un Ente di Patronato, questo ha permesso di monitorare ed accelerare l’iter per la liquidazione della prestazione economica. Restano comunque incomplete quasi il 30% delle domande di accertamento della disabilità, domande che rischiano di non essere lavorate in quanto mancanti dei dati socio sanitari. Nel 2024 infatti, nella presentazione della domanda era previsto contemporaneamente sia l’inserimento del certificato che l’inserimento dei dati socio sanitari, accelerando e semplificando la procedura.
È evidente che la sperimentazione in questo senso ha dei limiti oggettivi che richiedono almeno un maggiore impegno nel dare la giusta informazione alle persone che presentano la domanda di accertamento della disabilità, e che erroneamente ritengono esaurita l’operazione con l’invio da parte del medico del certificato introduttivo.
Nelle sedi individuate dall'INPS, in collaborazione con il Comitato Provinciale INPS, di cui oggi abbiamo la presidenza, e che fin da subito ha seguito e sta seguendo con attenzione questa fase sperimentale, sono state realizzate delle sale d'attesa dedicate, dove è prevista anche la divisione tra minori e adulti. È stata inoltre prevista una calendarizzazione degli orari di visita per agevolare chi proviene da più lontano.
Su nostro suggerimento, e grazie all'aiuto del Comitato INPS, è stato predisposto un canale parallelo per gestire le visite urgenti e motivate (ad esempio, il caso del familiare che deve assistere il disabile e non può aspettare mesi per avere diritto ai permessi); oggi vengono definite in circa 30 giorni. Lo stesso ottimo risultato è stato ottenuto per i malati oncologici, che vedono concludere l'iter in circa 30 giorni.
Riteniamo deludente, invece, il confronto con l'Associazione dei Medici di Famiglia, che si sono mostrati distratti rispetto al problema dei certificati e poco coordinati. Al contrario, è stato e continua a essere ottimo il rapporto strutturato con i singoli medici di famiglia che hanno compreso appieno il valore della collaborazione con il Patronato.
Inoltre, l'esclusione del Patronato nella fase iniziale dell’istruttoria della domanda, come avveniva prima della sperimentazione, ha fatto venir meno la nostra azione di tutela e consulenza nei confronti delle persone, impedendoci di sviluppare tutto quell’aspetto dei diritti inespressi, sia previdenziali che di tutele generali.
Il percorso per assicurare un sistema inclusivo, realmente centrato sulla persona con disabilità, appare perciò ancora lungo, e con molte criticità. Solo attraverso la garanzia di un'effettiva continuità nelle risorse, nei servizi, nel monitoraggio degli interventi sarà possibile un riconoscimento pieno ed efficace dei diritti di ognuno senza alcuna discriminazione.
Roberto Panico, coordinatore Inca Cgil Umbria