L’Umbria evidenzia un mercato del lavoro in chiara trasformazione, caratterizzato da sfide strutturali rilevanti dovute al progressivo invecchiamento demografico e da una crescita occupazionale che però riguarda in larga misura forme d’impiego precarie o sottopagate.
Nel 2024 l’occupazione regionale ha registrato un incremento del +3,2%, più del doppio rispetto alla media nazionale, raggiungendo un numero di occupati che ha superato le 373 mila unità.
Tuttavia, questa performance positiva nasconde fragilità profonde: la regione soffre infatti un invecchiamento marcato della forza lavoro e una mancata capacità di attrarre e trattenere i giovani laureati.
L’andamento demografico, caratterizzato da scarsa natalità e prolungamento delle carriere lavorative, ha spostato la composizione degli occupati verso gli over 50, il 42,6% degli occupati ha più di 49 anni rispetto al 40,6% del dato nazionale, con gli ultra‑64 che costituiscono il gruppo a più rapida crescita (+70% tra il 2018 e il 2024) (Fonte: Istat).
Di conseguenza, la fascia centrale (35‑49 anni) registra una perdita significativa di quote occupazionali.
Contemporaneamente si assiste a un significativo protagonismo femminile. Le occupate tra i 15‑34 anni, dal 2018 al 2024, sono aumentate del 14,5%, in controtendenza rispetto alla media nazionale, mentre le over 64 crescono del 72,5%, rispetto al +44,3% dei colleghi maschi, con un’incidenza particolarmente marcata rispetto al riferimento medio nazionale.
Questo indica un’inclusione progressiva per le donne, che però spesso avviene attraverso forme contrattuali fragili: il part-time, principalmente involontario, risulta infatti in aumento (+12,2%).
La child penalty, ovvero la penalizzazione retributiva associata alla nascita del primo figlio o figlia, rappresenta un fenomeno strutturale nel mercato del lavoro italiano, in particolare nel settore privato. Le conseguenze non si esauriscono nell’immediato: oltre al calo salariale, si registrano conseguenti impatti negativi anche sulla futura pensione. Sebbene la perdita di reddito tenda ad attenuarsi entro i tre anni successivi alla nascita del primo figlio, la possibilità di ulteriori gravidanze genera un effetto cumulativo che allontana progressivamente le madri da percorsi retributivi standard, rendendo il recupero economico più lungo e difficoltoso in relazione al numero di figli.
Le donne continuano poi a farsi carico della maggior parte del lavoro di cura, che spazia dall'assistenza a figli, genitori anziani, o altri membri della famiglia, alla gestione della casa, mentre lo strumento del congedo parentale resta ancora scarsamente utilizzato dagli uomini.
Stando ai dati del Rendiconto di genere dell'Inps 2024, a livello nazionale il 29,4% delle occupate risulta essere “sovraistruita” rispetto al lavoro che svolge. Nel 2023 le donne hanno superato gli uomini sia tra i diplomati (52,6%) sia tra i laureati (59,9%), ma questa maggiore preparazione non si è tradotta in una maggiore presenza femminile nelle posizioni apicali nel mondo del lavoro, anzi, la retribuzione giornaliera media nei settori esaminati è di circa il 20% inferiore rispetto a quella degli uomini.
Permane inoltre a livello regionale una crescente difficoltà nel trattenere i giovani laureati. A partire dal 2013 infatti, il saldo migratorio tra ingressi e uscite di laureati si è attestato su valori negativi, peggiorando progressivamente a causa della maggiore propensione dei diplomati universitari umbri a trasferirsi verso il Nord Italia o all’estero.
Nel 2023, ultimo anno con dati disponibili, il tasso migratorio dei laureati italiani tra i 25 e i 39 anni ha toccato un nuovo minimo, pari a -4,8 ogni mille abitanti della stessa fascia d’età, rappresentando il valore peggiore tra tutte le regioni del Centro-Nord (fonte: Banca d’Italia, Economie regionali – Umbria).
In Umbria, dove circa il 90% delle imprese conta meno di dieci addetti, con una prevalenza quindi di piccole imprese, molte delle quali operanti in subfornitura, le difficoltà a investire in innovazione tecnologica e formazione si sommano a un saldo negativo tra aperture e chiusure aziendali, registrando nel primo trimestre dell'anno 1.357 nuove iscrizioni a fronte di 2.436 cessazioni ( Fonte: Camera di Commercio dell'Umbria).
Le donne risultano maggiormente impiegate nei comparti del commercio e dei servizi, ma permangono fortemente sottorappresentate nelle posizioni tecniche e ad alta specializzazione. A ciò si aggiunge un marcato divario nelle opportunità occupazionali: appena il 19% delle nuove assunzioni è rivolto in modo esplicito a candidate donne, contro il 34% riservato agli uomini.
La scelta di comprimere i salari, puntando su una competitività al ribasso si è dimostrata la strada più facile da percorrere, ma anche la più miope. Eppure, nonostante queste criticità, l’occupazione femminile si profila una delle forze più dinamiche del mercato regionale, anche a fronte di politiche di welfare che restano drammaticamente insufficienti.
Di fronte a queste sfide, sarebbe quanto mai utile, a livello regionale, l’elaborazione di un piano di lungo periodo che affronti in maniera integrata invecchiamento demografico, fuga di giovani talenti e divario di genere, agendo su più fronti, dalle infrastrutture sociali, alle attrattività del territorio. Un piano capace di concepire le città non solo modellandole sulla base delle esigenze dei visitatori-turisti, ma innanzitutto in grado di garantire servizi ai cittadini, assicurando che la sfida della competitività per le imprese si giochi sul terreno della ricerca, dell’innovazione, della legalità.
Redazione Nuove Ri-Generazioni Umbria